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Ipocondria e circoli viziosi

Ipocondria e circoli viziosi

Quando una persona è ipocondriaca?

Per definizione, la persona con ipocondria è quella che ha paura di potersi ammalare o scoprire di essere malato, principalmente di patologie che si generano dall’interno del corpo, subdolamente, e che potrebbero essere rare o difficilmente diagnosticabili (tumori o malattie degenerative).

Per parlare di ipocondria, non è sufficiente la presenza di sintomi somatici non spiegabili dal punto di vista medico (MUS), ma, è necessario che ci siano pensieri, sentimenti o comportamenti eccessivi associati alla preoccupazione per la salute, come ad esempio:

  • I sintomi corporei sono sempre indice di malattia;
  • Se mi ammalo, le persone mi eviteranno;
  • Non ci si può fidare dei medici perché spesso commettono errori, etc..

Generalmente, l’ipocondriaco inizia ad interpretare alcune sensazioni corporee come sintomo di una grave malattia; a tale valutazione segue l’ansia per la futura sofferenza nella sua vita, che a sua volta è letta come prova di debolezza personale. Tale circolo vizioso si ripete a giri sempre più stretti così da aumentare la percezione della minaccia.

Dunque, la paura principale che percepisce la persona con ipocondria non è tanto quella della malattia in sé o della morte (che è presente anche nelle persone non ipocondriache) ma è quella di trovarsi in una situazione di solitudine e di sofferenza morale, fisica, psicologica e relazionale. A ciò si aggiunge la percezione della persona di non riuscire ad affrontare tale situazione. Pertanto, alla base, vi è il grande timore di scoprirsi debole e fragile. Infatti una delle caratteristiche dell’ipocondriaco è la presenza di un forte atteggiamento autocritico nei confronti della sua stessa ansia e preoccupazione che interpreta come prove di debolezza (soprattutto psicologica).

A questo punto ci si potrebbe chiedere:

  • per quale motivo è inefficace l’autocritica che spesso l’ipocondriaco si rivolge?
  • perché non mette in atto il cambiamento che, a volte, la persona stessa riconosce come opportuno?

Si tratta del paradosso nevrotico: la persona vorrebbe cambiare, tuttavia resiste al cambiamento stesso per diverse ragioni:

  1. per l’ipocondriaco, è difficile smontare la credenza strutturata circa la propria fragilità e debolezza poiché derivante da fonti attendibili (altri e se stessi);
  2. la persona cerca di mantenere una coerenza nella rete di convinzioni che possiede, per cui è più semplice dare credito alle nuove informazioni (ad es. dalle analisi mediche emerge che forse ho un valore alterato) che confermano una propria interpretazione (sono malato) piuttosto che alle nuove informazioni che la disconfermano (il medico mi ha detto che non è nulla) (Confirmation bias);
  3. per la persona, lo scopo di non essere una persona debole ha un valore elevato. Più tale scopo ha valore e più la minaccia (la malattia), che comprometterebbe lo scopo, è temuta. Viceversa, più la minaccia è temuta e più la gravità dello scopo compromesso appare elevata. Pertanto, la persona investe tutte le sue risorse ed energie per evitare l’evento temuto con l’illusione di poter controllare e azzerare il rischio di ammalarsi.
  4. Si presenta il pensiero magico, ossia l’idea della persona che il proprio pensiero possa determinare delle reali conseguenze sul mondo esterno, per esempio “se prevedo degli scenari allora posso prevenire la malattia”.

Ma perché l’ipocondriaco non accetta l’esistenza di rischi di malattia? E che differenza c’è tra l’atteggiamento ipocondriaco e quello di un malato vero?

La differenza tra l’ipocondriaco e il malato vero è che mentre il primo deve accettare il rischio, l’incerto, il malato vero accetta un fatto acclarato, un qualcosa di certo. Detto ciò, umanamente, è più difficile accettare un’incertezza rispetto alla certezza; inoltre, in questo caso, l’ipocondriaco pensa di non avere la capacità di affrontare la malattia futura, mentre il malato vero, che si trova difronte alla stessa, sta già mettendo in campo tutte le risorse a disposizione per affrontarla.

Un altro aspetto che ostacola il cambiamento è che l’ipocondriaco ha ben in mente ciò da cui vuole allontanarsi (la malattia e la debolezza) ma non si rappresenta così chiaramente lo scopo che vuole raggiungere, per cui gli è difficile agire in direzione della meta.

L’insieme di questi meccanismi determina lo sviluppo di spirali viziose che inducono l’ipocondriaco a mettere in atto gli stessi atteggiamenti (ricerca di rassicurazione da parte dei familiari o dei medici, ricerca di informazioni su internet, richiesta di continui approfondimenti clinici, pensiero magico, attenzione selettiva rispetto ai cambiamenti corporei), senza ottenere risultati.

La persona, così, si ritrova a vivere un’alternanza tra due pensieri opposti: “sono sano” e “sono malato”. A volte, questi due pensieri coesistono poiché la persona giudica negativamente solo il proprio atteggiamento eccessivamente ansioso, interpretato come aspetto caratteriale, senza però mettere in dubbio la fondatezza della sua preoccupazione.

Concludendo, la presa di coscienza di tutti questi meccanismi, che sono alla base del disturbo, è un primo passo che spinge la persona verso il cambiamento.

Questa nuova consapevolezza di sé pone le basi per aprire, lentamente, la strada dell’accettazione del rischio di malattia e debolezza, accogliendo i propri timori, le proprie fragilità e l’impossibilità di tenere tutto sotto controllo. Solo così, si può scegliere di focalizzarsi su uno scopo, per vivere al meglio nella direzione dei propri valori, con uno sguardo benevolo nei propri confronti e con l’opportunità di legittimarsi il diritto di essere fragile in quanto essere umano.


Bibliografia:
  • Mancini F. (1998), La mente ipocondriaca ed i suoi paradossi; Sistemi Intelligenti vol X, 85-98.
  • Taylor S. e J. G. Asmundson (2004), Treating Health Anxiety: A Cognitive-Behavioral Approach; The Guilford Press, New York.